mercoledì 15 maggio 2013

GIUSTIZIA E TEOLOGIA


LA GIUSTIZIA E I SUOI FONDAMENTI TEOLOGICI


I profeti hanno il compito di ricordare che la terra con tutti i suoi beni è concessa da
Dio agli uomini in equa misura. Essi devono farsi difensori dei diritti dei poveri e degli emarginati contro prepotenti ed accaparratori.
Secondo la tradizione vetero-testamentaria “La terra è di Dio”, ciò significa che è stata
concessa a tutto il “suo popolo”;  e il popolo si identifica proprio attraverso questa sua proprietà, per questo, una situazione diversa deve essere considerata anomala e
quindi da modificare.
I difensori della proprietà privata, quella stessa di cui Marx diceva che:      “l’economia parte dal fatto della proprietà privata, ma non la spiega”14
Hanno dovuto fare i salti mortali per eludere una tradizione così chiara, così costante e fedele alla Sacra Scrittura. Comunque siano andate le cose storicamente e teologi-
camente, nessun artificio e nessuna cavillosa astuzia teologica ha potuto alterare la chiarezza della dottrina espressa dai “Padri della Chiesa”:

“Dio ha voluto che questa terra fosse possesso comune di tutti gli uomini e a tutti
 offrisse i suoi prodotti; è stata l’avarizia a spartire i diritti di possessione ( avaritia
 distribuit iura possesionum )…….”  S. Ambrogio

e ancora:
                     
Iustitia est in subveniendo miseris (= aiutare i miseri è un atto di giustizia )”
                                                        S. Agostino ( De Trinitate )

Ma nessuna legislazione umana sembra tanto chiara ed eloquente in materia quanto
quella usata per regolamentare l’ “anno sabbatico”, ( in Es. 21,22;23, 10s; Lev. 25,
1-7, 34s.43; Deut. 15; 1-18; Ez. 46,17; Macc. 6,49;53 ) e quello “Giubilare” ( es. Lev.
25,8-55; 27,17s; Num. 36,4; Is. 61,1s ). L’ anno sabbatico così consisteva nel dare ogni sette anni un “riposo” alla terra, e tutti i debiti contratti verso un amico o in ge-
nere quello che si definiva “prossimo” venivano condonati. Di conseguenza dovevano
essere affrancati tutti coloro che per debiti fossero caduti in schiavitù. Così si rispet-
tava la volontà di Dio: “Non ci sarà tra voi alcun indigente o mendico” (Deut.15, 2-4). 


L’ anno del Giubileo, che ricorreva ogni cinquanta anni, consisteva in una redistribu-
zione delle terre che per qualche motivo avevano cambiato proprietario. Le sciagure o
le negligenze, a causa delle quali qualcuno aveva perso la sua parte di terra affidata-
gli da Dio, non ricadevano sulla generazione successiva: “Nell’anno del Giubileo cia-
scuno tornerà nei suoi possessi” ( Lev. 25,13 ).
D’altra parte è da osservare che per l’originale biblico l’atto che in occidente chiamia-
mo “elemosina” è la restituzione che una persona fa di qualche cosa che non è sua.
E questo i Padri dei primi secoli cristiani lo videro con estrema chiarezza:
                  

“Dimmi donde proviene la tua ricchezza? Da chi l’hai ricevuta? E chi te l’ha data?
 Dal nonno o dal bisnonno risponderai. Ma riusciresti, risalendo l’albero genealogico,
 a dimostrare la giustizia di quel possesso? Certamente no: il principio e la sua origine
 nascono sicuramente dall’ingiustizia.”  Giovanni Crisostomo15 .
“Si chiama ladrone colui che spoglia chi è vestito: perché non chiamare diversamente
 colui che non riveste chi è nudo pur potendo farlo? Il pane che hai è dell’affamato, il
 vestito che hai nell’armadio è di colui che è nudo, la scarpe che ti si stanno rovinando
 in camera sono di uno che è scalzo, il denaro che tieni nascosto è del bisognoso”.
                                                                                                                      Basilio

“Non dire che regali al povero una parte del tuo, gli restituisci una parte del suo”
                                                                                                                      Ambrogio

“Giustamente si dice: con la ricchezza ingiusta, perché ogni ricchezza deriva dall’ingiu-
 stizia, non si può trovare se non ciò che l’altro ha perduto. Perciò mi sembra verissimo
 quel proverbio comune: il ricco o è ingiusto o è erede di un ingiusto”.
                 
                                      

                                                              Girolamo 
Sembra, almeno per coloro che si professano credenti, che la voce di Dio si sia levata
per bocca dei suoi profeti contro le empie sacrileghe e fratricide violenze ed espropria-
zioni, risuonando dura ed inesorabile:
                             
“Guai a voi che aggiungete casa a casa/e unite campo a campo/finché non vi resti
 più spazio/e voi restiate ad abitare/nel mezzo del paese./Ho udito con le mie orecchie
 il Signore degli eserciti: di certo, tanti palazzi diventeranno una desolazione,/grandi e
 belli, ma senza abitanti” ( Is. 5,8s)
“E ora a voi, ricchi! Piangete e lamentatevi per le sciagure che stanno per venire su di
 voi. Le vostre ricchezze vanno in malora e i vostri abiti sono mangiati dalle tarme.(…)
 Voi non avete pagato gli operai che mietono nei vostri campi: questa paga rubata ora
 grida al cielo, e le proteste dei vostri contadini sono arrivate fino agli orecchi di Dio, il
 Signore Onnipotente. Voi avete vissuto quaggiù sulla terra in mezzo al lusso e ai pia-
 ceri sfrenati: vi siete ingrassati come bestie per il giorno del macello. Avete condannato
e ucciso persone innocenti che non hanno
La proprietà privata sembra essere quindi un “furto” legalizzato, istituzionalizzato,
canonizzato. Oltre alla questione “de facto”, esiste la questione “de iure”: la proprietà
differenziatrice non potrebbe e non può esistere se non mediante la violenza e la spo-
gliazione, e quindi non si può avere una legittima proprietà differenziatrice.
Ci pare per questo utile, a scopo esemplificativo, riportare integralmente un brano
tratto dalle omelie di G. Crisostomo, ricco di spunti meditativi e di significative
asserzioni: 
Tu dici: finché non si fa il male non si è cattivi anche se non si compie il bene.
  E non è forse un male possedere da soli i beni del Signore, godersi da soli ciò che
  è comune a tutti? Non è di Dio la terra e quanto essa contiene? Se dunque i nostri
  beni sono quelli del nostro comune Signore, sono anche quelli dei nostri compagni
  di servizio, poiché tutto ciò che è del Signore è comune a tutti. I beni necessari ci
  sono comuni; noi però non rispettiamo lo spirito di comunione neppure in quelli
  insignificanti. Ora Dio ci ha dato i primi proprio per insegnarci ad avere in comune
  gli altri, ma noi nemmeno così abbiamo capito la lezione…
  Come può essere buono chi è ricco? Non è possibile; è buono solo se da agli altri.

Quando non ha è buono; quando dà agli altri è buono; finché ha non può essere
buono”.17
Pensiamo che la lettura di questi spunti meditativi possa offrire una valida occasione
di riflessione su temi etici e religiosi di grande importanza. 
L’indicazione più immediata che possiamo globalmente trarre dall’esame critico dei
brani riportati, potrebbe essere quella di prestare una maggiore attenzione ai problemi
di ordine etico e religioso per chi si professa credente.
In particolare l’invito è rivolto proprio alle coscienze dei “credenti”; molte sono le loro
“colpe storiche” e molti i peccati di “omissione”, ma il peccato più grave è stato proprio
quello di aver sostituito ai valori biblici ed evangelici primitivi, quelli “secolarizzati”
( terreni e materialistici ) che spesso inconsapevolmente sono stati interiorizzati al
punto da renderli parte integrante del loro “agire nel mondo”. Sarebbe necessario,
quindi, comportarsi da “vergini sagge”, vigili ed attente alla voce dello spirito ed a
quelle dei suoi profeti di ogni tempo e luogo. Paolo VI° nella “Populorum Progressio”
citando S. Ambrogio commenta:

““è come dire che la proprietà privata non costituisce per alcuno un diritto incondizio-
 nato ed assoluto. Nessuno è autorizzato a riservare a suo uso esclusivo ciò che supe-
 ra il suo bisogno quando gli altri mancano del necessario”.18

Questo proprio in virtù della specificità del “Dio cristiano”, che essendo “l’Eterno”, non
ha ancora finito di parlare all’uomo, ed essendo “l’Immenso” non ha un solo modo di
manifestarsi. Dio, Eterno ed Immenso, non è determinato, ma sempre aperto alla
comunicazione con l’uomo.
17  G. Crisostomo, 1ª Epistola ad Timoteum, 4 – XII omelia.

18  Enciclica, “Populorum Progressio”, Paolo VI° n° 23 




14  C. Marx in “Manoscritti”, 1844 vestito: perché non chiamare diversamente
 colui che non riveste chi è nudo pur potendo farlo? Il pane che hai è dell’affamato, il
 vestito che hai nell’armadio è di colui che è nudo, la scarpe che ti si stanno rovinando
 in camera sono di uno che è scalzo, il denaro che tieni nascosto è del bisognoso”.
                                                                                                                      Basilio

“Non dire che regali al povero una parte del tuo, gli restituisci una parte
15  G. Crisostomo in “ 1ª Epistula ad Timoteum”
17  G. Crisostomo, 1ª Epistola ad Timoteum, 4 – XII omelia.

18  Enciclica, “Populorum Progressio”, Paolo VI° n° 23  

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